Al Biondo di Palermo l’inedito “Tre di coppie” di Franco Scaldati

Giacomo Civiletti e Melino Imparato
Share

Il Teatro Biondo di Palermo torna a proporre il teatro di Franco Scaldati, il drammaturgo e poeta palermitano scomparso tre anni fa, affidando la regia dell’inedita antologia Tre di coppie a Franco Maresco, che due anni fa aveva già portato in scena al Biondo Lucio, uno dei testi più noti dell’autore palermitano.

Tre di coppie debutterà in prima nazionale mercoledì 24 febbraio, alle ore 21.00, nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo. Protagonisti sono Gino Carista, Giacomo Civiletti e Melino Imparato. Le scene e i costumi sono di Cesare Inzerillo e Nicola Ferruzza, le luci di Cristian Zucaro e le musiche originali di Salvatore Bonafede. Repliche fino al 28 febbraio.

Franco Maresco, autore del film documentario Gli uomini di questa città io non li conosco, dedicato alla vita e all’opera di Franco Scaldati, torna a occuparsi dunque del poeta e drammaturgo palermitano portando in scena una serie di “variazioni” sul tema della coppia nella sua opera.
Le candide figurine trasognate di Totò a Vicè e l’inedita coppia del Corto e il Muto, un duetto tanto irresistibile quanto scurrile, insieme ai tragicomici Santo e Saporito de La notte di Agostino il topo sono i protagonisti dello spettacolo, che Maresco dedica a Scaldati ma anche all’attore Gaspare Cucinella, recentemente scomparso, insieme al quale Scaldati dava vita in scena proprio ai suoi poetici e irriverenti duetti.

Gino Carista e Melino Imparato

Gino Carista e Melino Imparato


«Per me – spiega Maresco – è anche l’occasione per porre in evidenza il lato comico di Scaldati, un aspetto, questo, che è stato determinante nella mia formazione artistica e che si ritrova nei miei film, in particolare in Totò che visse due volte. Ho pensato lo spettacolo, insieme a Claudia Uzzo, come una macchina scenica ad orologeria, nella quale gli attori appaiono e scompaiono in un grande fondale nero con una serie di finestre, al centro del quale vi è una specie di oblò, che fa da schermo per le immagini video: un buco nero che mette in relazione la realtà con quella dimensione altra, metafisica, della quale il teatro di Franco è concreta testimonianza».

I personaggi di Scaldati vivono ai margini della società, sono un po’ barboni e un po’ filosofi, ma sono soprattutto l’ultimo baluardo di umanità in un mondo che scivola inesorabilmente nell’oblio, così come nel suo teatro la commedia scivola facilmente nel dramma e viceversa.
«Non ho eliminato la parte lirica della scrittura di Scaldati – aggiunge Maresco – che rimane sostanziale nel suo teatro, ma mi sono concentrato sugli umori del teatro popolare, di quella umanità del Borgo Vecchio e dell’Olivuzza che Franco aveva conosciuto. Lo spettacolo è pieno di quelle suggestioni, del teatro da strada, di un’atmosfera in un certo senso clownesca e da avanspettacolo. Scaldati amava moltissimo Stanlio e Ollio, Totò e Peppino, Franchi e Ingrassia, perché rappresentavano proprio quell’umanità che lui incontrava per le strade del quartiere».
Lo spettacolo comincia con la coppia di Totò e Vicè, “acrobati delle emozioni”, come li definiva lo stesso autore, dei quali Maresco propone alcuni brani inediti. Nella coppia del Corto e del Muto, che l’autore aveva proposto per la prima volta a Maresco nei primi anni 2000, ma che per motivi diversi non fu mai rappresentata, c’è l’animo più crudele dei suoi personaggi, la ferocia dell’uno nei confronti dell’altro, ma anche la perversa complicità tra vittima e carnefice. Infine, Maresco ha estrapolato le parti più divertenti de La notte di Agostino il topo, nelle quali Santo e Saporito dibattono sulle sventure di quest’ultimo, che la gente scambia per un topo.

Note di regia:

«Tre di coppie non è una semplice antologia scaldatiana. Lo si potrebbe definire una messa in scena di una serie di “variazioni” sul tema del doppio nell’opera di Franco Scaldati. Per me è anche l’occasione per porre in evidenza il lato comico di Scaldati, un aspetto, questo, che è stato determinante nella mia formazione artistica, che si ritrova nei miei film, in particolare in Totò che visse due volte. Lavorare al documentario su Scaldati (Gli uomini di questa città io non li conosco) mi ha fatto scoprire una quantità incredibile di cose nell’opera di Franco, mi ha dato tanti di quegli spunti di riflessione che non basterebbe una vita per metterli sotto forma di spettacolo. Più andavo avanti e più mi rendevo conto che quello che si conosce di Scaldati è la classica punta dell’iceberg, sotto la quale c’è ancora un mondo da scoprire. Chi ha idee nuove potrà avere, in futuro, la possibilità di dimostrare che la poesia del Sarto è un patrimonio che appartiene a tutti, non solo alla sua Palermo. È necessario, però, avere il coraggio di sperimentare – aspetto questo imprescindibile con Scaldati – e non farsi intimidire dall’apparente difficoltà della sua lingua e soprattutto non convincersi che il teatro di Franco sia accessibile soltanto a pochi eletti che ne custodiscono chissà quale segreto. È invece vero il contrario: Scaldati è per tutti, Scaldati è veramente universale. Dobbiamo sottrarre Scaldati al rischio di una mitizzazione, come se si trattasse di una reliquia intoccabile. Io credo che questo spettacolo, comunque vada, è un lavoro che prosegue quello che ho fatto con Lucio, cioè pormi di fronte ai suoi testi con onesta, senza il rischio di idealizzarli. Sono contento di potere lavorare con tre attori straordinari (Carista, Civiletti, Imparato), che possiedono un incredibile talento comico e al tempo stesso sanno fare risaltare il lirismo o la violenza disperata dei personaggi scaldatiani.
Lo spettacolo comincia con la coppia di Totò e Vicè, “acrobati delle emozioni”, come li definiva lo stesso autore, dei quali presentiamo alcuni brani inediti. Nella coppia del Corto e del Muto, che Scaldati mi aveva proposto per la prima volta nei primi anni 2000, ma che per motivi diversi non fu mai rappresentata, c’è l’animo più crudele dei suoi personaggi, la crudeltà dell’uno nei confronti dell’altro, ma anche la perversa complicità tra vittima e carnefice. Infine, ho estrapolato le parti più divertenti de La notte di Agostino il topo, nelle quali Santo e Saporito dibattono sulle sventure di quest’ultimo, che la gente scambia per un topo; Santo lo conforta ma anche lui ha il dubbio che l’amico sia un roditore. Ho pensato lo spettacolo, insieme a Claudia Uzzo, come una macchina scenica ad orologeria, nella quale gli attori appaiono e scompaiono in un grande fondale nero con una serie di finestre, al centro del quale vi è una specie di oblò, che fa schermo per le immagini video: un buco nero che mette in relazione la realtà con quella dimensione altra, metafisica, della quale il teatro di Franco è concreta testimonianza».
Franco Maresco

Calendario delle rappresentazioni:

Mercoledì 24 febbraio ore 21.00
Giovedì 25 febbraio ore 21.00
Venerdì 26 febbraio ore 17.30
Sabato 27 febbraio ore 17.30
Domenica 28 febbraio ore 21.00

Info e prenotazioni: Botteghino 091 7434341 – Ufficio promozione 091 7434301
www.teatrobiondo.it – Facebook: Teatro Biondo Palermo

Share

Leave a comment

Your email address will not be published.


*