“Fuggita dall’ISIS. Confessioni di una seguace pentita” di Sophie Kasiki

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Mi sono sentita mostruosamente in colpa. Mi sono chiesta se mai avrei potuto perdonarmi per quello che avevo fatto, soprattutto per aver trascinato là mio figlio. Ho odiato quelli che mi avevano manipolato, che avevano sfruttato la mia ingenuità e le mie debolezze. Ho odiato me stessa.
SOPHIE KASIKI

Sposata e con un figlio di quattro anni, la giovane Sophie lavora come assistente sociale in un centro di integrazione per immigrati alla periferia di Parigi. Tra le molte persone cui si dedica, ci sono anche tre ragazzi musulmani che improvvisamente decidono di partire per la Siria e unirsi all’ISIS. Le loro famiglie ne sono devastate, e Sophie riprende i contatti con i tre, nel tentativo di convincerli a tornare.
Ma dopo alcuni mesi di conversazioni quotidiane via Internet accade l’esatto contrario: Sophie è sempre più incerta circa la propria vita, e sempre più attratta dai racconti di una vita diversa e dalle promesse che le fanno. Così, con una mossa sorprendente, dice al marito, cui ha nascosto la propria conversione all’Islam, di aver accettato un lavoro presso un orfanotrofio a Istanbul e parte per Raqqa, la capitale dello Stato islamico, portandosi dietro suo figlio.
Lo schiaffo della realtà, completamente diversa da come gliel’hanno descritta i tre «ragazzi», è violentissimo: i foreign fighters si comportano come un esercito di occupazione che opprime i siriani, le donne non possono circolare da sole e senza velo, le scuole sono state chiuse, i contatti con l’esterno sono praticamente impossibili, la violenza è un’esperienza quotidiana – il paradiso è in realtà un inferno.
Un inferno dal quale Sophie ora vuole scappare, a ogni costo, soprattutto quando la minacciano di separarla dal figlio…

Sophie Kasiki è nata nel 1982 a Kinshasa. Rimasta orfana, all’età di otto anni ha seguito la sorella maggiore in Francia, dove ha studiato e in seguito ha cominciato a lavorare come assistente sociale a sostegno delle famiglie bisognose. Dopo la sua drammatica esperienza siriana, oggi è una delle poche donne occidentali ad aver fatto ritorno nel suo Paese d’origine. Si è convinta a raccontare la propria storia «per cercare di evitare che altre persone siano trascinate in quell’orrore».

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