MEC, il ristorante con vista sulla cattedrale dello chef Trentacosti

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di Maria Mattina

Il fascino di una dimora nobiliare, lo sbalorditivo progredire della rivoluzione informatica, la delicata esperienza di una cucina raffinatissima. Tre ingredienti particolari che rendono MEC un “unicum” senza pari. Parliamo del ristorante che dal gennaio 2020 è uno dei fiori all’occhiello della Sicilia gastronomica, ospitato nel Palazzo Castrone in corso Vittorio Emanuele (con vista sulla Cattedrale di Palermo).

MEC Museum

Gli otto saloni sono anche lo scrigno di una collezione (4 mila pezzi, dell’architetto Giuseppe Forello) che vale un tesoro. Si documenta infatti con cimeli originali il percorso geniale di Steve Jobs che ha trasformato le nostre vite con le evoluzioni tecnologiche: dal rarissimo Apple I (1976) al Macintosh e all’iPhone, passando anche per le meraviglie della Pixar (c’è un delizioso angolo bar con i personaggi di Toy Story). La cena al MEC è anche l’occasione per una visita guidata dell’esposizione, altrimenti (per ora) non accessibile.

Ma non c’è solo la mostra, naturalmente. La filosofia della struttura è già espressa infatti nell’acronimo MEC: Meet, Eat, Connect, con cui si punta a realizzare il concetto dell’esperienza condivisa non soltanto digitale ma anche a tavola. E se lo slogan negli anni ’90 della Apple era think different, oggi è il caso di dire eat different.

All’interno del Palazzo, scenario tardo cinquecentesco con la sua corte e l’imponente scalinata, si apre così l’orizzonte ampio e luminoso in cui Carmelo Trentacosti dà prova della sua maestria.

Lo chef Trentacosti con la giornalista Maria Mattina

Archiviata (per il passaggio di proprietà al gruppo Rocco Forte) l’esperienza di Villa Igiea – dove era responsabile di tutti i ristoranti e in particolare curava con grande attenzione il Cuvée du Jour (potete leggere qui la nostra recensione):

– lo chef classe 1976 si è lanciato nella nuova esperienza. Attraversando indenne la bufera della pandemia esplosa appena un mese dopo l’inaugurazione (qui l’articolo che avevamo dedicato al debutto).

Due anni dopo, e nonostante tutte queste difficoltà, il bilancio è ampiamente positivo: Trentacosti e la sua brigata (gran parte reduce dall’esperienza di Villa Igiea) sono pienamente affiatati, il servizio molto accurato, la cantina all’altezza dell’insieme. “Lavoriamo per un progetto – spiega lo chef – ed è fondamentale riconoscersi tutti quanti in questo obiettivo. Al primo posto c’è la ricerca della materia prima di eccellente qualità. Per esempio il baccalà selvaggio arriva fresco ogni martedì in aereo dalla Norvegia. Ma grande spazio ovviamente va ai prodotti siciliani purché coerenti con questa visione. Anche ingredienti umili come la zucca vengono rivisitati nell’ottica della delicatezza degli accostamenti”.

Una tipicità come la caponata è rinominata “Caponata in conserva” e arriva in tavola con tutti i suoi profumi e …la forma della mitica mela addentata.

Gustatela con il pane preparato dallo stesso chef con grani antichi siciliani come il Perciasacchi e lo squisito olio Embrace (azienda Evo di Menfi). La ricerca si evolve e cattura particolarità della nostra Isola come il carciofo di Menfi, il sale di Petralia, il miele di sulla dell’azienda Spataro di Monreale. Ma senza che la sicilianità diventi un vincolo: troverete piatti con nocciole delle Langhe e lo spaghetto del Pastificio Mancini (provincia di Fermo). Sorpresa finale le crépes suzette alla lampada che con il loro fascino vintage ci riportano agli anni Settanta.

Nato da una famiglia siciliana in un piccolo paesino nel nord della Germania, Trentacosti torna a due anni nella sua Isola. Frequenta l’Istituto Alberghiero Paolo Borsellino di Palermo e comincia a lavorare in tutto il nord Italia facendo esperienze che lo preparano a quella che sarà la sua vera scuola: “Il Mulinazzo” di Nino Graziano. Con lo chef affina la sua cucina e migliora la sua tecnica, sempre pronto a imparare e crescere: “E’ stato un periodo molto importante della mia carriera, perchè con Graziano ho affinato le mie capacità e ho maturato il desiderio di andare sempre oltre. Ho anche avuto due grandi opportunità di lavoro: la prima quando a Graziano proposero una collaborazione in Russia e lui mi offrì la possibilità di trasferirmi a Mosca. La seconda quando lo sceicco del Qatar mi offrì un lavoro a bordo della sua “barca” di 133 metri per diventare il suo chef personale. Lo stipendio era da capogiro e forse avrei voluto restare. Ma in entrambe le occasioni ho poi messo al primo posto la mia famiglia”.

Ed ecco l’approdo del MEC e il suo fascino avvolgente e attento ai particolari: all’ingresso della cucina un cartello raccomanda di “parlare a voce bassa”. In sala si riscopre il piacere della pulizia del tavolo dalle briciole tra una portata e l’altra. C’è l’omaggio di un reggiborsa per le donne mentre un ampio guardaroba all’ingresso vi toglierà dall’impaccio. Oltre alla scelta della carta, se è la prima volta che andate consigliamo il Percorso dello chef (5 portate-minimo due persone), arricchito da tante sorprese iniziali (riduttivo chiamarle amuse bouche). Disponibile anche una degustazione vegetariana (5 portate).

Si comincia con cozze e polpo ma il polpo è davvero tale, le cozze sono in realtà fatte coi peperoni.

Segue il gelato di ricci (indimenticabile, un cavallo di battaglia dello chef)

e la già citata Caponata in conserva.

Gli antipasti:

Raviolo di seppia (seppia, cuore di gambero, bisque di crostacei e sale di Petralia)

L’autunno (zucca rossa, miso e aglio nero fermentato)

Fuori degustazione: una squisita Stek Tartare preparata a vista in sala con guarnizioni della casa

Primo piatto

Il percorso prevede Nell’Anima (riso carnaroli con animelle di vitello), da noi sostituito con

In fondo al Mar

(pappardelle alla spirulina con bottarga di tonno, burrata e scampi)

Al tavolo c’è chi ha scelto invece Da Nord a Sud

(Spaghetto Mancini con carciofi, nocciole delle Langhe e liquirizia).

Secondo

Baccalà a sfincione

(baccalà norvegese selvaggio, pomodorino confit, capperi e patate)

Extra degustazione:

Fuori confine, fuori dal comune

(Piccione Mieral, mela cotogna al vino rosso, purea di pinoli e chinotto)

Il dolce
(preceduto da uno squisito predessert)

Terra mia

(bavarese agli agrumi, crumble alla nocciola, gelato allo yogurt e miele di sulla) – dall’intrigante forma di alveare.

Fuori degustazione:

Sulla via delle spezie

(Rabarbaro in dolce cottura, soffice allo zafferano, gelato all’avena e cardamomo).

Anni ’70

(crépes suzette preparate in sala con l’effetto vintage del flambée).

Deliziosa piccola pasticceria prima dell’arrivederci.

Ultimo consiglio: prenotate con largo anticipo!

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