I fastosi banchetti rinascimentali: in un libro tutti i segreti

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di Maria Mattina

I banchetti e le feste: un aspetto poco conosciuto del nostro Rinascimento che ora trova nuova luce in un volume che svela i segreti delle ricette dell’epoca e illustra i consigli su come imbandire le tavole e accogliere degnamente gli ospiti. Siamo all’interno della nuova collana Iter Gastronomicum della casa editrice Leo S. Olschki, dedicata allo stretto rapporto tra la storia della lingua italiana e la produzione di testi di cucina nelle varie epoche e si inserisce nel progetto più ampio di ricerca nazionale AtLiTeG (Atlante della lingua e dei testi della cultura gastronomica italiana dall’età medievale all’Unità). Tra i vari obiettivi del progetto rientra l’allestimento di un Vocabolario Storico della Lingua Italiana della Gastronomia (VoSLIG), fondato su una banca dati derivanti da un corpus di testi affidabili, edizioni nuove o riviste con criteri filologicamente attendibili.

Un progetto ambizioso che potrà dare la giusta evidenza alle origini della nostra cultura alimentare colmando le lacune filologiche e storiche, attingendo direttamente alle fonti, manoscritti o testi a stampa. Un valido esempio di tutto ciò è appunto il primo volume della collana I Banchetti di Cristoforo Messi Sbugo di Veronica Ricotta (pp. 332, 35 euro). Un affascinante viaggio nel tempo che ricostruisce usi e costumi, tra fastosi banchetti nobiliari e sontuosi matrimoni.

In Italia la forma di ricettario, come testo regolativo dotato di un certo grado di vincolo nelle sue strutture formali caratterizzanti, attraversa tutto il Medioevo e giunge all’alba del Rinascimento in una forma più complessa, con testi più ampi e articolati, come i trattati. Le prime raccolte di ricette di cucina in volgare sono perlopiù compilazioni anonime, spesso prive di titolo, probabilmente nate come appunti e liste stilate da cuochi al servizio dei loro ricchi signori, e si situano entro la metà del XIV secolo al pari della raccolta delle ricette mediche, artistiche, ecc. Le ricette cominciano poi ad essere raccolte in libri e assumono le caratteristiche di un genere a sè stante con schemi testuali che si tramanderanno anche nei testi successivi mostrando fin da subito un forte grado di stabilità delle strutture principali ma anche qualche innovazione via via che si arriva alle forme più moderne.

Due sono le filiere principali dei testi di cucina nel Medioevo: quella più antica e meridionale, di matrice arabo-normanna ed ereditata alla corte federiciana, del Liber de coquina, e quella toscana, che risale al manoscritto Riccardiano 1071, cosiddetta “dei XII commensali”, che comprende almeno altri otto ricettari.

Entrambe le tradizioni sono accomunate dall’anonimato degli estensori di questi testi che potremmo più precisamente chiamare raccolte di ricette e non libri.

Gli autori sono sempre anonimi fino alla prima raccolta compilata a Roma tra il 1464 e il 1465 da Martino de’ Rossi, il Liber de Arte Coquinaria. In seguito, nell’Italia delle corti e delle signorie rinascimentali, il potere passa anche attraverso lo sfarzo di lussuosi banchetti che suggellano nozze strategiche o che sottolineano altri momenti della vita cortigiana.

Il banchetto assume un ruolo di cerimoniale, con l’esaltazione e lo stimolo dei sensi nella loro globalità, con attenzione anche ai profumi o al rito del lavaggio delle mani, rielaborando con grande originalità gli schemi conviviali arabi.

Con il volume I Banchetti di Cristoforo Messi Sbugo, l’autore, dottoressa Veronica Ricotta, ricercatrice e docente di Storia della lingua italiana presso l’Università per Stranieri di Siena, restituisce al lettore di oggi il testo integrale, debitamente ricostruito ed integrato, con annotazioni sulla grafia e sulla fono-morfologia, di Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale di Cristoforo Messi Sbugo, spenditore e collaudato organizzatore degli eventi della corte estense, che pubblica a Ferrara nel 1549 il suo testo. Le tre componenti dell’opera, richiamate fin dal titolo e corrispondenti a tre distinte sezioni collegate tra loro, riflettono il complesso lavoro alla base dell’allestimento di una festa rinascimentale, intesa come spettacolo a tutto tondo dove il cibo si fa tutt’uno con il teatro, con la musica, la danza e gli arredi.

I banchetti, della durata di parecchie ore, vengono allietati da intrattenimenti musicali, danze, canti, “fino a giorno chiaro” tanto che gli invitati consumano anche una lauta “collatione”.

Messi Sbugo è il primo a inserire la descrizione di ben 14 banchetti all’interno di un’opera sistematica, dando origine a un modello che sarà replicato nelle opere pubblicate successivamente. Le notizie biografiche di Messi Sbugo sono carenti: nato presumibilmente nella seconda metà del Quattrocento, cosa certa è che furono fondamentali le nozze con Agnese di Giovanni Giocoli per il suo ingresso nella corte estense, dove ricoprì ruoli sempre più importanti sotto i ducato di Alfonso I e di Ercole II.

Il testo raccoglie 14 descrizioni di alcuni tra i conviti più significativi organizzati a corte, tra il Palazzo Ducale Estense e la dimora di Messi Sbugo stesso tra il 1524 e il 1548, insieme a un vademecum per l’organizzazione di un qualsiasi banchetto “secondo i tempi e i Paesi dove ti troverai” (l’apparecchio generale), e ad un ricco ricettario a cui attingere per costruire, secondo le diverse esigenze, i menù da proporre (le compositioni di vivande), dove parlerà soltanto “delle più notabili vivande” tralasciando la cucina quotidiana appannaggio di “qualunque vile feminuccia”. E’ chiaro che i destinatari dell’opera fossero i cuochi professionisti, gli addetti delle importanti cucine, quindi non un manuale di consultazione domestica ma la summa di un mestiere che andava assumendo sempre più prestigio.

L’opera è considerata oggi uno dei testi fondamentali del secolo, riferimento e modello per i trattati successivi e per lo storico della lingua italiana, ed in particolare per chi si occupa della lingua del cibo, i Banchetti sono una miniera di lessico e un’importante testimonianza per osservare il punto di snodo dell’organizzazione testuale del libro di cucina. La cucina che si descrive è ampiamente ricca di contaminazioni, a testimoniare la frammentazione politica del paese con una presenza significativa anche di preparazioni internazionali, dalla fracasea italiana al riso alla ciciliana, dai maccheroni alla napoletana alla torta d’herbe alla ferrarese (versione rinascimentale dell’erbazzone), dalla capirotta alla francese alle paste alla tedesca, dalla fracassea englese a preparazioni alla turchesca e alla ongaresca, per citare solo alcune delle denominazioni esplicite.

E infine sembrerà anacronistico ma la lettura del Memoriale per fare uno apparecchio generale potrebbe dare delle informazioni utili a chi volesse organizzare un evento o un matrimonio: insomma un wedding planner ante litteram…!

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