L’HOTEL SIMBOLO DI DUBAI E DELLA SUA INSOSTENIBILE LEGGEREZZA

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Uno dei “must” di un viaggio a Dubai è il Burj Al Arab (Torre d’Arabia), l’hotel della Vela che è il simbolo di questo emirato, il grattacielo tempio del lusso costruito su un’isola artificiale e conosciuto in tutto il mondo.
Per accedere occorre aver prenotato da casa una camera o (almeno) una consumazione, attraverso il sito. E infatti l’unica maniera per entrare è appunto sventolare la email di conferma al “posto di blocco”.

Qui il servizio di sicurezza respinge fermamente turisti sprovvisti di prenotazione e curiosi. Attraversiamo in auto il ponte con grande emozione: nel piazzale davanti all’ingresso alcune Rolls Royce utilizzate per accompagnare i clienti vip all’aeroporto. Per i clienti supervip c’è anche un elicottero che atterra all’ultimo piano…Una intera comitiva di ricconi cinesi è appena arrivata in aereo per un matrimonio (c’è un ristorante riservato per loro). Mentre facciamo qualche foto arriva un corteo di Bmw blu che accompagna una donna velata, pare che sia una parente dello sceicco…Hostess elegantissime in azzurro ci accolgono all’ingresso con profumi e salviettine rinfrescanti…
Le camere sono tutte suite, la più piccola è circa 160 metri quadri e il prezzo parte da 800 euro a notte. All’interno è tutto oro quel che luccica: le decorazioni sono a foglia d’oro 22 carati…come l’enorme conchiglia che accoglie la reception. In tutta la hall bellissime composizioni di rose e fiori freschi conducono a un’ampia fontana centrale. 

Ai due lati le scale mobili sfilano accanto a enormi acquari con pesci variopinti. Si accede quindi al primo piano dove boutique e negozi griffati la fanno da padrone e dove si apre l’enorme atrio, circondato da colonne, che fa ammirare l’ardita soluzione architettonica: camere e corridoi su due lati, il terzo ospita l’enorme “vela” bianca.

Qui al primo piano c’è la location prescelta: un “ristorante-bar” con i tavoli che danno sulla grande vetrata oltre la quale si ammira la spiaggia e l’hotel Jumeirah, quello a forma di onda che si infrange. Bisogna poi dire che l’Afternoon Tea è quasi una cena e comprende sette portate: dal filetto alla Wellington, al salmone, dalla coppa di frutti di bosco con panna a deliziose marmellatine handmade. Iniziamo con un flute di champagne e chiudiamo con un thè scelto tra una cinquantina di varietà mentre l’ennesimo cameriere offre praline di cioccolato e altri meravigliosi dolcetti orientali a volontà da un vassoio…Una musicista alle nostre spalle suona l’arpa in modo celestiale…Alla fine non ce la facciamo quasi ad alzarci dal tavolo…sia per la mangiata sia per la voglia di rimanere…altri due o trecento anni.

Non ci perdiamo infine gli ascensori panoramici che portano al 27° piano e le immancabili foto dalle vetrate con vista mozzafiato. Una sbirciatina ai bagni ci lascia una domanda senza risposta: i rubinetti saranno pure d’oro…?
Fin qui la visita all’hotel della Vela. Ma Dubai è anche il grattacielo più alto del mondo e, appena dietro, il deserto o il nulla. Un grande residence con centinaia di ville, a forma di palma, creato dove c’era solo il mare. Una medina artificiale ideata per essere l’habitat perfetto dei turisti. Davanti a questi record, la sensazione più sconcertante che può prendervi durante un soggiorno a Dubai è di essere in una realtà virtuale. Di vivere non in un mondo concreto ma in una finzione creata a scopi commerciali. Un’illusione di autopropaganda. Un parco a tema come quelli dei divertimenti.
E’ bene quindi cominciare con un po’ di storia. Prima della fine degli anni Sessanta e della scoperta del petrolio, questa città era solo un villaggio di pescatori. Nel giro di una generazione è diventata una megalopoli. Dal 2000 al 2006 il pil è cresciuto al ritmo del 13 per cento annuo, meglio di Cina e India. La famiglia degli sceicchi Al Maktoum, e dal 2006 anche l’ultimo regnante Mohamed, come i re biblici o i faraoni in odore di divinità una notte hanno sognato la nuova Dubai e il giorno dopo hanno iniziato ad edificarla. Costruzioni ciclopiche realizzate in pochi anni, capitali immensi guadagnati e reinvestiti, legioni di lavoratori attirati da tutti i continenti. In questo momento solo il 15 per cento dei residenti a Dubai è di ceppo arabo. Gli altri sono immigrati, i protagonisti di un melting pot senza paragoni al mondo.
L’obiettivo degli sceicchi? Proporsi al mondo come i protagonisti di una grande impresa epica, uscire dalle oscurità del medio Oriente e rivaleggiare con gli Stati Uniti quanto a capolavori dell’ingegneria e dell’architettura.
Un sogno di magnificenza, un revanchismo e un lusso a volte sfrenato, una vetta di tecnologia che in lontananza nasconde un incubo, cioè la prossima fine del petrolio. Già oggi i ricavi dall’estrazione di questo tesoro dalle viscere della terra coprono solo il 6 per cento del pil di Dubai. E per Mohamed Al Maktoum l’imperativo degli ultimi anni è stato proprio differenziare le entrate economiche, irrobustire il turismo e il commercio, in due parole portare nell’emirato qualunque uomo occidentale od orientale che volesse sbalordirsi a colpi di ‘wow’ e soprattutto spendere.
Dalla fine del 2008 lo sceicco ha dovuto fare i conti anche con la crisi mondiale: fece scalpore in quei mesi la notizia che decine di auto con le chiavi nel cruscotto venivano abbandonate all’aeroporto di Dubai da gente in fuga all’estero, partita con un biglietto di sola andata. L’effetto più clamoroso fu il rischio di interrompere in extremis la costruzione del grattacielo più alto al mondo. Completato invece nel 2009 grazie agli ingenti capitali arrivati da Abu Dhabi. Tanto che la costruzione ha cambiato nome e ora si chiama Burj Khalifa, la torre di Khalifa, che è il nome dello sceicco dell’emirato vicino e rivale. Uno smacco, insomma. Ma si sa, pecunia non olet.
E oggi? Si sono fermati alcuni megainvestimenti immobiliari come “The World”, l’immenso arcipelago di isole che si stava creando in mare accanto a “The Palm”. Una enorme operazione di prestiti ha salvato (almeno per ora) il fragile sistema finanziario del Paese. Qualche sogno da nababbo è stato rimesso nel cassetto in attesa di tempi migliori, oppure è tornato a essere un miraggio tra le dune.
Dubai, mito o realtà? La domanda vi rimarrà irrisolta nella mente dopo un soggiorno frizzante e appagante, presi dalla frenesia della vita notturna, tra le luci multicolori, il bagliore dei gioielli nel Souk dell’oro. E probabilmente è lo stesso per i residenti.
Dubai è una domanda irrisolta, una città che ha già creato la leggenda di se stessa, una Babilonia dei tempi moderni, stretta tra l’illusione della conquista del mondo e la forza del deserto che cerca di risucchiarla.

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