LOSANNA, UN MUSEO DELLE OPERE DI INTERNATI IN MANICOMIO

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Ingresso del museo dell’Art Brut a Losanna
Artisti lontani dal mondo culturale, emarginati, esclusi o rinchiusi per anni in ospedali psichiatrici,a volte colpevoli di delitti: sono gli artefici, ignari di esserlo, dell’Art Brut.
Un museo della città svizzera di Losanna (www.artbrut.ch), ospitato nel castello di Beaulieu, li strappa all’anonimato. Il nome Art Brut può essere tradotto in ‘arte grezza’ ma è una versione
incompleta: “L’arte non dorme nei letti che sono stati preparati per lei, fugge appena si pronuncia il suo nome, ama l’incognito. I suoi momenti migliori sono quando si dimentica come si chiama”: così si esprimeva Jean Dubuffet (1901-1985), pittore francese e primo ‘inventore’ del genere.

Ma dove cercarla quest’arte che per definizione sfugge il pubblico, la tradizione, i musei? Dubuffet è andato a trovarla negli ospedali psichiatrici, tra i diseredati della società, tra i detenuti.
Una ricerca che è cominciata nel 1945 e che è sfociata nella Collezione dell’Art Brut di Losanna.
Oggi il museo ha un patrimonio di 63 mila opere di 950 autori che vengono esposte a rotazione nei 4 piani. Nel 2012 è stato appena completato il catalogo delle opere on line di una delle autrici più
note, Aloise Corbaz. Lo svizzero AdolfWölfli (1864-1930) è ritenuto da Dubuffet l’autore simbolo: perde la madre molto giovane ed è costretto a vivere col padre alcolizzato.
Un’adolescenza caratterizzata da botte, amore negato e “attentati al pudore”di alcune ragazzine.
Dapprima imprigionato, Wölfli sarà internato,nemmeno trentenne, all’ospedale psichiatrico Waldau di Berna dove rimarrà fino alla morte. È nella struttura psichiatrica, nella solitudine della sua cella d’isolamento, che nascono metri di manoscritti, disegni in cui s’intrecciano elementi pittorici, partiture musicali e parole. Presentarli al pubblico è ridare voce e dignità ad una persona che ne è stata privata.
Molti gli italiani, con storie simili, rappresentati: Giuseppe Giavarini, analfabeta di Parma, Eugenio Santoro, Curzio Di Giovanni, Carlo Zinelli. Ignoranti della tradizione, indifferenti alle critiche, unici destinatari delle proprie opere. Ora un museo li propone tutti al grande pubblico.
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